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Fiducia di sè: quando è sostanziale?

La fiducia di sè "sostanziale": la capacità di fronteggiare le situazioni difficili  

La fiducia in se stessi “sostanziale” è molto diversa sia dall’esibizione di modalità e atteggiamenti spavaldi, sia dalla convinzione nella propria superiorità ed “elezione” rispetto agli altri. 

Essa non è necessariamente inscalfibile, implica cioè la possibilità di un’analisi di sè, non escludendo una riflessione critica rispetto al proprio operato.

Questo tipo di fiducia non deriva necessariamente dallo sguardo genitoriale ma si può conquistare e consolidare nel corso della vita, grazie all‘esperienza e all’incremento della conoscenza del proprio sè.

Si rivela spesso nelle situazioni difficili, permettendo la navigazione anche in condizioni avverse. Inoltre si mostra come un fattore chiave nella possibilità di godere della vita per quella che è (e non per quella che “dovrebbe” essere per gli altri).

Esibizione e megalomania: perchè non sono manifestazioni di fiducia in se stessi 

Purtroppo nei tempi foschi in cui viviamo la sicurezza in se stessi viene confusa con il modo di fare prepotente e aggressivo.

Ogni psicologia del profondo che si rispetti ci rivela invece l’associazione pressoché costante fra ostentazione esteriore e fragilità interiore, per cui al cospetto di persone troppo “piene“ bisognerebbe sempre ipotizzare un deficit di “sana” forza mentale

La persona intimamente sicura non necessita di alcuna messa in scena, nè tantomeno ha bisogno di diminuire o umiliare gli altri per convincere se stessa di essere qualcuno. 

La megalomania non le appartiene perché la coscienza del proprio limite è ben presente. La sicurezza infatti non deriva dal sapere di possedere un talento, dai risultati o dalla bravura in un certo campo. Quando essa si basa sulla performance e il successo costituisce un pericoloso autoinganno, che può far perdere la visione equilibrata di sè e ancorare al consenso altrui, in un circolo vizioso sempre più alienante.

Il megalomane inoltre, accecato dalla sua visione di sè grandiosa, a un certo punto finisce per distaccarsi dalla realtà, vivendo in un mondo autoreferenziale che gli impedisce di evolvere ed affinarsi come persona. Jung direbbe che si identifica integralmente con la sua Persona, ovvero con la sua maschera sociale; l’involuzione è garantita, proprio perché viene tagliata fuori ogni autentica originalità nonché ogni confronto costruttivo con gli altri. 

Chi è realmente sicuro di sè non si identifica nella propria immagine, perché riconosce che essa è soltanto un “modo” di presentarsi agli altri. Non si sente superiore e accoglie l’altro con rispetto e disponibilità a capirlo oltre le apparenze.

Anche il confronto non spaventa chi è davvero sicuro di sè, perché la diversità di idee, esperienze e condizioni di vita non gli toglie nulla, anzi, costituisce una ricchezza.

Essere permeabili all’altro non confonde il senso di identità, in quanto esso si appoggia sull’accettazione di sè, di quello che si è stati e di ciò che si è oggi.

La megalomania invece impedisce il confronto, promuovendo solo e soltanto l’accoglienza di rinforzi narcisistici e di adulazioni.

La dipendenza dalla conferma altrui è sempre il sintomo della fragilità del senso di identità.

Autocoscienza come consapevolezza di chi si è

La serenità di base si ancora quindi non alla performance e al consenso ma alla consapevolezza di chi si è, di cosa fa stare bene e di cosa crea disagio, nell’orizzonte di un’accettazione di sè che comprende tutto, anche la componente meno desiderabile o in linea con le attese degli altri e della società.

La persona sicura di sè è se stessa, sempre, pur nel rispetto delle convenzioni, dell’educazione e dei ruoli. Si conosce, si “sente” interiormente, non è in balia di sensi cronici di vuoto e di disvalore.

Quando le circostanze della vita si fanno difficili rivela tutta la sua forza; nonostante lo scoramento “decide” di tenersi “su”, di non lasciare che gli umanissimi sentimenti di tristezza corrodano e mangino il suo senso di sè. Anzi, la delusione, la fatica, la flessione del tono dell’umore vengono utilizzate per sviluppare ulteriormente la  propria consapevolezza.

Consapevolezza e gentilezza verso gli altri

Gli altri vengono esonerati dal ruolo di capri espiatori, di persecutori, di discariche emotive o di riflettori; si sa che la partita si gioca solo ed esclusivamente con se stessi.

Il prossimo in questo senso viene sempre trattato bene e con gentilezza; quando un collega, un amico o un familiare non rimanda energie positive il rapporto viene gestito senza che il piacere malsano del rancore, della sopraffazione o della vendetta prenda il sopravvento.

La persona veramente sicura di sè si chiede sempre quale sia il suo ruolo e il suo coinvolgimento nei malesseri che incontra nella vita, non cedendo alla tentazione di incolpare sempre gli altri. 

Ciò vale anche quando subisce un torto; può perdonare, pur senza dimenticare.

Questo tipo di atteggiamento non è innato, si può apprendere, non è per forza un dono che proviene dalla famiglia o da condizioni favorevoli.

Anzi, spesso le persone più forti crescono in situazioni  ambientali complesse, ma non mollano mai sul piano della ricerca della loro dimensione personale e unica.

La sicurezza nasce dall’accordo che riusciamo a raggiungere con la parte profonda, vera e unica di noi, dal piacere di essere, dalla sensazione di continuare a imparare ed evolvere nonostante tutto il male che ci può arrivare.

La psicoterapia: ritrovare il filo interrotto con se stessi 

In psicoterapia ci si va anche per questo, per ritrovare il filo interrotto della parte più vera di sè e per darle nuova linfa, non più a partire da un’immagine da offrire agli altri. 

La ricomposizione della divisione fra essere “per”gli altri e essere se stessi “con” gli altri è una delle conquiste più belle e importanti della vita.

Aiuto psicoterapeutico , Disagio contemporaneo