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Disturbi psicosomatici

La coscienza acuta di avere un corpo, ecco cos'è l'assenza di salute.
Emil Cioran

Gastriti, ulcere, artriti, calcoli, dermatiti, emicranie. Il corpo sembra auto divorarsi, auto distruggersi. Le lesioni sono reali, accertabili dalla medicina. Spesso si tratta di vere e proprie malattie auto immuni. Se le conversioni somatiche parlano, perché simboleggiano, danno voce e un malessere interiore, i disturbi psicosomatici sono muti, silenziosi, non vogliono comunicare nulla.

Dal punto di vista psicoanalitico si pensa che alla base di queste anomalie vi sia una difficoltà nell’espressione di alcune emozioni e nell’elaborazione di situazioni traumatiche. Il dolore prende direttamente la via somatica, senza che chi lo subisce riesca ad avvertirlo pienamente, a elaborarlo, ad attribuirgli un qualche senso.

Spesso chi viene colpito da disturbi psicosomatici tende ad avere uno stile di pensiero più concreto che astratto, è forse fin troppo adattato alle esigenze della realtà, verrebbe definito da chi lo conosce bene come un individuo assolutamente “normale”. Questo eccesso di normalità, di conformismo, di narcisismo ha però come conseguenza un impoverimento della propria vita interiore, del contatto con il proprio inconscio, le proprie fantasie e aspirazioni, i propri desideri personali, unici e particolari.

In questa situazione quando si subisce uno scacco, un trauma, una perdita si tende a negare l’accaduto e ad andare avanti come se niente fosse. Così di fatto non si lascia andare ciò che si è perduto ma ci si rimane incollati, fissati, un po’ identificati. Può comparire un fenomeno psicosomatico come unica via di espressione dell’accaduto. Una via però autodistruttiva, masochistica, un fare del male a se stessi.

La risposta terapeutica si basa allora sull’ aiutare ad individuare l’evento di perdita rimasto inavvertito in modo da poterlo finalmente riconoscere, nominare, elaborare ed infine accettare. Capire insieme a cosa non abbiamo prestato ascolto nell’arco della propria storia permette di acquisire una nuova capacità di guardarsi dentro che rende superflua la via della somatizzazione.

Disturbi psicosomatici: alcuni casi clinici

  • Orietta è una signora di mezza età, rimasta sola dopo la morte del marito e la partenza dei figli per altre città. Dopo circa un anno da questi eventi sviluppa una gastrite. Dolori molto forti la portano a svolgere indagini accurate sul suo stato fisico. La medicina le cura il corpo ma il malessere, seppur attenuato, rimane. Decide di rivolgersi ad uno psicoterapeuta, con il quale finalmente inizierà ad elaborare la serie di lutti.

  • Giuseppe, trentacinque anni, lavora presso la stessa azienda da molti anni senza riconoscimenti né possibilità di cambiamento. E’ solo, ha molti conoscenti ma serie difficoltà nello stabilire relazioni durature, anche con l’altro sesso. L’emicrania lo assale all’improvviso durante una giornata lavorativa in cui come al solito si sente vessato dal capoufficio e non gli dà tregua per mesi. Inizia ad assentarsi dall’odiato ufficio. I farmaci prescritti dallo specialista lo aiutano ma lui decide di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta, vuole capire come mai gli sia stato possibile allontanarsi dal posto di lavoro solo grazie ad un dolore fisico così intenso.

  • Cristina è una lavoratrice accanita, svolge un’attività prevalentemente maschile, che la vede impegnata nella gestione di numerosi collaboratori. Durante l’università non si era concessa pause per ottenere il massimo dei voti nel minor tempo possibile. All’epoca aveva sviluppato una dermatite, curata poi farmacologicamente, che oggi si ripresenta in maniera però ancor più invasiva. Questa ripetizione la spinge a chiedersi quali siano le cause profonde del suo male ed insieme al suo psicoterapeuta rintraccia un evento del suo lontano passato che era stato ignorato per anni…

  • Alessandra, sebbene ultratrentenne, svolge due lavori per potersi mantenere e pagare l’università, che aveva dovuto interrompere in gioventù a causa dei problemi economici insorti per via della malattia del padre. Dopo la sua morte aveva iniziato a soffrire di calcoli renali. Insieme allo psicoterapeuta scoprirà di non aver avuto il tempo per metabolizzare il dolore della perdita, negato per la necessità di affrontare la concretezza del quotidiano. Da lì i calcoli, come pietre, resti di un lutto non del tutto elaborato

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