Il valore della psicoanalisi
La stessa domanda di aiuto nasce a partire da una castrazione. Qualcosa non va nella nostra vita, ci sentiamo appunto castrati, amputati di una parte di noi stessi. Non viviamo pienamente secondo il nostro desiderio, siamo insoddisfatti, avvertiamo una mancanza. I sintomi che ci assalgono, come ad esempio un’ansia o una depressione prima sconosciute, danno voce e concretezza al nostro malessere interiore. Sono dei veri e propri inciampi alla vita, ci fanno sbandare. Costituiscono la chiara dimostrazione che c’è qualcosa che non va.
Dunque un nome della castrazione è quello della sofferenza, una limitazione che percepiamo come imposta, di cui subiamo gli effetti e di cui vogliamo liberarci. E’ la porta di entrata in una terapia.
La psicoanalisi trasforma questa domanda iniziale di aiuto (liberami dalla sofferenza, toglimi tu la castrazione, dimmi cosa fare) in una domanda di sapere. Perché mi trovo in questa situazione? Sono solo davvero gli eventi esterni a schiacciarmi o in qualche modo con le mie azioni ho provocato io la situazione di cui ora mi lamento? E perché mi sono allora comportato in modo così controproducente verso me stesso?
Procedendo così, andiamo a scoprire il modo in cui tipicamente funzioniamo e ci approcciamo alla realtà. Troviamo che le cause affondano sì nel passato, c’è qualcosa che abbiamo subito dall’esterno in termini di condizionamenti. Prendiamo però anche atto di come abbiamo scelto noi di reagire, vediamo la nostra parte nel gioco, non determinata a priori ma frutto della nostra soggettività.
Attraverso questo giro la castrazione iniziale si trasforma da puro inciampo di cui vogliamo liberarci a risorsa da interrogare. La psicoanalisi non è nemica della castrazione. Non la vuole estirpare dall’individuo a tutti i costi ma vuole capire da dove viene. Dimostrando come spesso venga proprio da lui stesso.
Generalizzando, abbiamo allora due tipi di castrazione per così dire.
Quella del venire al mondo, alla quale siamo tutti sottoposti, che si basa sulla legge, sulla limitazione, su una quota di rinuncia. Dunque una castrazione “sana”, “simbolica”, intrinseca alla natura dell’uomo, che mette in valore il senso del limite e dell’equilibrio tra esigenze pulsionali e possibilità di soddisfazione.
E una castrazione cattiva, imparentata con la mortificazione, il sacrificio di sé, l’insoddisfazione. Spesso quest’ultima è in posizione di rifiuto inconscio della castrazione simbolica. La mortificazione o l’insoddisfazione sono infatti entrambe intolleranti della castrazione simbolica: la prima tende in realtà a compattare il nostro Io mentre la seconda non accetta vincoli di alcun genere.
Ecco il valore fondamentale della psicoanalisi: mostrare che la nevrosi non è altro che un modo per ripararsi dalla vita, dalla sua contingenza, dalla sua castrazione strutturale, dalla sua assenza di garanzie. Ma anche dalla possibilità dell’incontro desiderante con il nuovo.