Depressione
La malinconia è la felicità di essere triste.
Victor Hugo
Il quadro depressivo: tristezza, apatia, crisi di pianto, svogliatezza, indecisione, scarsa stima di sé, autoaccuse e sensi di colpa, disturbi del sonno e dell’appetito, sensazione di aver perso qualcosa o qualcuno di importante, concentrazione dei pensieri sul passato e mancanza di prospettiva. Oppure sbalzi di umore, periodi “neri” si alternano ad euforia, ottimismo irrefrenabile, energia, sensazione di invulnerabilità, diminuzione delle ore di sonno, pensieri rapidi e loquacità, tendenza a lanciarsi in attività, progetti ed iniziative rischiose.
Anche nell’ambito dei disturbi depressivi, analogamente al panico, è in primo piano la percezione di un’esistenza abbandonata nel mondo, priva di soddisfazione, che riduce il soggetto a sentirsi senza valore agli occhi di se stesso e degli altri.
Alla base di questi vissuti non esiste una causa generalizzabile. E’ possibile tuttavia rintracciare frequentemente nelle storie di chi ne è colpito la presenza di una perdita, subita durante l’infanzia, che può aver preso la forma dell’abbandono o di una delusione molto forte da parte di una figura di riferimento importante. Danneggiando l’immagine di se stesso, incrinandola.
L’evento vero e proprio scatenante la depressione lo abbiamo però in età adulta. Di solito si tratta di una nuova perdita, che va a riattivare i sentimenti di abbandono e smarrimento provati in passato che si era cercato di nascondere o negare (di solito attraverso dei meccanismi compensatori: ad esempio per migliorare la propria autostima si era deciso di essere bravissimi negli studi, iperattivi nel lavoro o in altri campi della vita). Il soggetto depresso non è riuscito a lasciare andare ciò che ha perduto, non accetta la perdita e rimane perciò attaccato al passato. A quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Così si ripiega nel lamento, nella stasi, nella paralisi e nella rinuncia a qualsiasi realizzazione personale. Attende di essere risarcito, attende un riscatto per i torti subiti, vuole essere amato.
Rintracciare la perdita, la ferita subita, poterla nominare, attraversare ed infine accettare appare come un primo passo verso l’uscita dalla morsa della depressione. Per tornare non all’aspettativa di essere amati ma ad amare.
Depressione: alcuni casi clinici
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Antonella è un’impiegata d’azienda. Per far fronte a una serie di problematiche si è accontentata di un lavoro monotono ma “sicuro”. Lentamente si spegne. Le sembra che la sua vita non le appartenga più. Come riallacciarsi al proprio desiderio?
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Giulia, trentenne, è una donna affascinante e di successo. Cambia molti partner ed è sempre lei a chiudere le relazioni. Un lutto le fa improvvisamente realizzare di essere sola, di non poter contare sull’affetto di nessuno. Dalla tristezza ben presto nascono degli interrogativi interessanti. Cosa la spinge a non fermarsi con nessuno? Perché ogni uomo alla fin fine è deludente?
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Marina, trentacinquenne, dopo la prima gravidanza avverte un senso di inadeguatezza come madre e come donna. Al lavoro sembra che la sua maternità sia un handicap. Come uscire dall’aut aut del o madre o donna? Come tenere insieme l’essere madre e l’essere donna, la dimensione privata e quella pubblica?
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Matteo, ventenne, vive una delusione amorosa. Da lì in poi nulla gli interessa più, cerca la solitudine, è inconcludente negli studi. A casa le cose non vanno male ma nemmeno bene, vede i genitori distanti, non più innamorati. Che gli chiedono di studiare, di dare di più. Che valore ha la tristezza per lui? Come uscirne rafforzati e con una nuova carica vitale?
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Azzurra è una donna di mezza età, ha una figlia, un modello per tutti. Brava negli studi, colta. Poi un evento sconcertante la vede protagonista. Arriva la depressione: insonnia, senso di colpa, perdita di interessi, timore del giudizio degli altri. Cosa risveglia nella donna la caduta della figlia?