Disturbi del comportamento alimentare
Credo che non ci sia preghiera senza digiuno, come non c’è vero digiuno senza preghiera.
Gandhi
Importanti restrizioni alimentari che possono rasentare il digiuno intervallate da periodi di abbuffate a cui segue il vomito. Quest’alternanza fra tentativi di controllo e cedimenti della volontà mette in scacco chi soffre di disturbi del comportamento alimentare. Alla base non c’è una malattia dell’appetito, non è la mera attività dell’alimentazione ad essere alterata. Non si tratta di forzare a mangiare, di ripristinare la spinta ad alimentarsi con la coercizione. L’amore è il problema centrale. Essere amati ed amare.
Che rapporto ci può essere fra l’amore e il cibo? Spesso nelle storie di chi si ammala non troviamo la mancanza totale dell’amore, anche se questa è sempre possibile e può prendere la forma di una spinta radicale alla morte, bensì una sua modalità particolare di trasmissione. L’amore viene espresso con il dare qualcosa. Dare cibo, dare cure, dare regali, dare istruzione, dare, dare, dare…
Chi soffre di anoressia tenta di rompere questa equivalenza fra il dare e l’amare. Non mangiando niente vuole dimostrare come il suo bisogno d’amore vada al di là del riempimento dato dal dare. L’anoressia può così essere letta come un messaggio indirizzato a qualcuno. Non voglio niente! Amami per quello che sono! E’ un modo per attrarre su di sé finalmente un interesse gratuito, genuino. Diventare trasparenti appare come un tentativo paradossale di essere visti nella propria unicità irripetibile.
Attraverso il controllo del peso e delle calorie si può inoltre cercare di allontanare i bisogni della carne, non solo per essere visti, ma per affermare una volontà non corrotta dalla tentazione della pulsione, una purezza, uno stato di grazia ascetico, un’identità compatta senza le contraddizioni della fragilità umana.
La bulimia solo apparentemente sembra il rovescio dell’anoressia. Risolvendosi con il vomito va a ripristinare l’equilibrio che l’abbuffata ha distrutto. Non mangiare o vomitare inseguono la stessa finalità, mantenere il corpo incorrotto dal cibo. La crisi dell’abbuffata segnala in ogni caso un cedimento della volontà. Un abbandono totale ai bisogni di dipendenza, ancora una volta un grido d’amore.
La cura di questa “malattia dell’amore” si può giocare allora su altri piani, al di là della questione alimentare, del mangiare o non mangiare. Non asfissiare, non chiedere niente, esserci.
Disturbi del comportamento alimentare: alcuni casi clinici
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Marina soffre di anoressia – bulimia dall’età di sedici anni. La madre è molto concentrata sul proprio aspetto fisico e la propria femminilità, mentre il padre è preso dal suo lavoro. L’anoressia si struttura come una domanda d’amore, di riconoscimento. Sembra dire: non mi vedi che sto scomparendo?
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Lucilla è ossessionata dal peso e il vomito è un modo per liberarsi, depurarsi dal godimento del cibo. Cercare di tenerlo a distanza significa tentare di mantenere il controllo sulla vita e la sua imperfezione. Ha sempre cercato di essere una brava bambina ubbidiente, seria, scrupolosa. Ma non bastava mai!
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Laura, nella prima metà della sua vita, ha subito delle violenze in famiglia. Non mangiare l’aiuta a prendere le distanze dal trauma, le fa sentire di non dover dipendere da nessuno. Le dà un’identità solida, su cui contare.
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Tiziana ha una madre sempre presente, le dimostra il suo amore dandole delle cose, molto spesso cibo. Il padre in questo scenario non c’è. La scelta per l’anoressia per lei ha il valore di una separazione sofferta dalle richieste pressanti dell’altro.
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Stefano ormai è adulto ma durante l’infanzia ha sempre ricevuto percosse dal padre. Oggi vomita. È il suo modo per allontanare da sé l’invadenza della violenza subita.