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Terza età

Trasformazioni, saggezza e nuove possibilità. Superare la solitudine e riscoprire il valore personale

Il corpo è cambiato, non è più quello di una volta, scattante, forte. L’immagine di sé pure non corrisponde più a quella che ha accompagnato gli anni centrali della vita. Anche la mente non sfugge all'usura del tempo: la memoria può andare incontro a vuoti, dimenticanze. Capita di commettere sbadataggini, di perdersi. Il ragionamento e il linguaggio si fanno meno graffianti, le emozioni sono più sfumate o al contrario compare un’emotività prima sconosciuta. Ci si sente fragili, un po’ smarriti e impauriti. Ogni cosa accanto a noi scorre veloce, in un’accelerazione in cui non ci riconosciamo più. Dove corrono tutti quanti? Per andare dove?

E’ vero, siamo diventati vecchi. Apparentemente, in questo mondo che insegue eterna giovinezza, forza, benessere, prestazione, che tenta così di rimuovere l’inaggirabile fragilità umana, non abbiamo più posto. Ma è davvero così? La nostra esperienza passata, la nostra saggezza, il nostro attuale incedere lento e timoroso non servono proprio più a niente e a nessuno? Perché non possiamo godere della vecchiaia per quella che è, una nuova stagione, un grande mutamento che comporta anche delle ricchezze e delle acquisizioni? 

La vecchiaia non è una sciagura, prima di tutto è un fenomeno culturale (si veda La vecchiaia è un fenomeno culturale: parla Simone de Beauvoir): il destino del divenire vecchi è vissuto in maniera variabile a seconda del contesto sociale di appartenenza. E nella società attuale purtroppo esiste una specie di "congiura del silenzio", in cui la vecchiaia appare come un segreto vergognoso del quale è bene non parlare perché non si vuole vedere la caducità a cui siamo tutti quanti inesorabilmente esposti.

Purtroppo la persona anziana va incontro a solitudine e depressione (si veda la depressione nella terza età). Soprattutto dopo la perdita del coniuge, ella sente di non avere più valore agli occhi degli altri, di essere diventata un peso. Teme di infastidire con i suoi racconti a volte troppo lunghi, con il suo bisogno di comunicazione e di tenerezza.

Una psicoterapia, anche in quest’ultima stagione della vita, può allora aiutare a riscoprire il valore che si pensava perduto, a recuperare serenità e fiducia, a vivere nella sua pienezza l’era della lentezza, dei ricordi, del fluire sommesso delle ore. Anche quando compare la malattia e la morte si fa più vicina ci si può concedere di chiedere aiuto. Sono questi i momenti in cui più abbiamo bisogno della presenza e dell’ascolto di un altro essere umano che non giudica, che ci può donare una differente visione delle cose e un’accoglienza del nostro dolore.

In questo modo anche l'anziano mantiene la sua umanità, trova un posto, una collocazione, una possibilità di sfuggire, almeno in parte, all’insensatezza della fine.