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La depressione: come riconoscerla

Arriva in punta di piedi, ma quando stringe la sua morsa significa che siamo nel pieno della crisi. Non è facile uscirne con rapidità. La risalita è altrettanto lenta della discesa.

Quali sono i segni premonitori che possono preludere ad un attacco? Da cosa cioè si riconosce l’arrivo di una depressione? Può trattarsi di un generale senso di apatia, una svogliatezza insolita per il nostro modo di essere. Si può notare un graduale allontanamento dalle relazioni sociali, una tendenza ad isolarsi, a rifiutare inviti ed occasioni di convivialità. Il tutto è accompagnato dal senso di una diminuzione del nostro valore personale. Iniziamo a sentirci invadere dal vuoto, come se non avessimo nulla da dire o da dare agli altri. Ciò può aprire la via a dei sensi di colpa, ci giudichiamo con una severità che non conoscevamo. Se stiamo così infondo è tutta colpa nostra, pensiamo. Che non abbiamo la forza, il mordente per darci da fare e sorridere.

La depressione si instaura nel momento in cui questi segnali, dapprima sfumati e appena percettibili, si amplificano, fino a dominare del tutto le nostre giornate. Allora ecco che la svogliatezza si trasforma in paralisi totale, attività banali come curare il proprio aspetto o la casa appaiono estremamente difficoltose. La tendenza ad isolarsi diventa non riuscire ad uscire nemmeno dalla propria abitazione. Il sentimento strisciante di vuoto diventa certezza che nulla abbia senso, niente e nessuno valgano davvero la pena di esistere. Noi in primis ci sentiamo invasi dal nulla, l’iniziale svalutazione di sé lascia il posto a un disprezzo e una ferocia che possono condurre fino a gesti estremi.

La violenza e la pervasività dei sintomi descritti variano da persona a persona. Quando si parla di depressione bisogna tener presente che non ne esiste una sola forma uguale per tutti. L’intensità delle sue tonalità può essere molto diversa in individui che ne soffrono, anche se il colore di base rimane lo stesso. Esistono pertanto depressioni più gravi e depressioni meno gravi in termini di eccessi a cui può portare la malattia.

Ma non solo. La gravità è legata anche alla sua logica di scatenamento. Se la perdita rimane una delle condizioni trasversali alla depressione, è importante stabilire di che tipo di perdita si tratta.

Se è in gioco la perdita della propria immagine ideale, che per via di eventi spiacevoli si è confrontata con un brusco ridimensionamento, siamo nel campo di un disturbo che ha buone probabilità di ripresa. Ad esempio un manager di successo che perde il lavoro si trova faccia a faccia con un volto di sé vulnerabile, dal quale magari era rifuggito per tutta una vita. Un lavoro terapeutico può permettere di guardare finalmente senza paura anche le proprie fragilità, integrate le quali poter poi tornare a creare ed essere attivi con una nuova consapevolezza di sé.

Se invece è in gioco la perdita di strategie compensatorie trovate per far fronte a vuoti e carenze più arcaici, radicali e pervasivi, allora il percorso di recupero prevede la ricerca di nuovi fattori protettivi, piccole stampelle che aiutano a impostare e mantenere uno stile di vita accettabile.

Questo articolo rispetta le linee guida del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani.

L'autrice
Dott.ssa Sibilla Ulivi, Psicologa e Psicoterapeuta iscritta all'Ordine degli Psicologi della Lombardia (n°81/81).

Specializzata in Psicoterapia psicoanalitica, accoglie i pazienti nel suo studio a Milano in zona Moscova, offrendo uno spazio di ascolto autentico e profondo.

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